venerdì 18 marzo 2016

I betaglucani sono polimeri costituiti da molecole di glucosio e sono considerati fibre vegetali solubili. Gli enzimi intestinali non riescono a scindere i legami molecolari, cosa che invece riesce ai batteri della flora intestinale. Poiché sono fibre non è difficile intuire che possono ridurre l’assorbimento del colesterolo; sembra però che gli acidi a catena corta che si formano dalla loro fermentazione possano inibire la sintesi epatica di colesterolo.

Diverse aziende si sono buttate sul possibile business dei betaglucani (è geniale riciclare ogni parte dei cereali, anche quelle che una volta erano meno pregiate): Kellogg’s con Optivita, Barilla nella linea Alixir e recentemente Scotti con Pastariso (la Scotti anni fa lanciò l’olio di riso decantando le proprietà anticolesterolo del gammaorizanolo).
Le difficoltà di gestire informazioni come la proprietà anticolesterolo dei betaglucani si basa su alcuni punti che devono essere ben compresi.

Ciò che conta è l’indice di rischio cardiovascolare, definito come rapporto fra colesterolo totale e colesterolo buono (HDL). Se una sostanza li riduce entrambi non è detto che sia utile. Per esempio, una ricerca pubblicata su Nutrition Metabolism and Cardiovascular Diseases sostiene che una porzione al giorno fra gli 80 e i 140 g di legumi riduce il colesterolo totale di 11,8 mg/dl e quello cattivo (LDL) di 8,1 mg/dl, concludendo che i legumi sono un ottimo anticolesterolo. Forse (8 mg/dl di riduzione non sono poi molti), ma sicuramente non sono interessanti per la protezione cardiovascolare. Supponiamo una persona con un cattivo stile di vita che abbia un colesterolo cattivo a 250 mg/dl e uno buono a 35 mg/dl. Il suo indice di rischio è 7,14, pessimo. Con i legumi arriva a 238 e 31; il suo indice di rischio sale addirittura a 7,67!!!
Se non si tratta la materia quantitativamente, dire “aiuta a ridurre il colesterolo” non significa nulla. Se, per esempio, il prodotto X abbassa il colesterolo di 1 mg/dl, la frase soprariportata è vera, ma la sua azione è del tutto ininfluente. È una forma di seminformazione perché dico il vero, ma lo faccio in modo che l’ascoltatore speri in qualcosa di diverso.
La quantità necessaria affinché la sostanza X esplichi la sua funzione può essere talmente elevata che diventa impossibile assumerla con l’alimentazione. Premesso che non è stato stabilito un fabbisogno di betaglucani, 75 g di Pastariso Scotti (1,7 g derivati dalla fibra d’orzo) apportano solo il 25% di tale quantità, quindi l’effetto sarebbe globalmente modesto.
Se si assume la quantità prevista è possibile avere altri effetti collaterali non propriamente positivi. Supponiamo di assumere 300 g di Pastariso per arrivare al presunto fabbisogno giornaliero. Vuol dire assumere la bellezza di 1.050 kcal solo di pasta! L’anticamera per l’obesità, il che non è molto salutare.

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